Una terra non bellissima, ma affascinante e carica di mistero, tanto da essere stata scelta più volte da Dio come il luogo sorgivo della fede

di Davide Brambilla
seminarista

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Camminare per andare da un luogo a un altro è un’azione così quotidiana da sembrare banale. Non ci rendiamo conto di quante persone hanno solcato le stesse strade e di quanti eventi la storia le ha rese protagoniste. Immaginate di passeggiare per Roma, Milano e, nel suo piccolo, anche per la nostra cittadina. Guardandosi intorno si possono trovare tracce della storia e degli uomini che ci hanno preceduto. E ora pensate al Medio Oriente, alle terre d’Israele e Palestina, dove ogni roccia e ogni granello di sabbia ha una lunga storia da raccontare.

È quello che si respira passeggiando per la Terra Santa, una terra non bellissima rispetto a tante altre che il nostro pianeta ci offre, ma affascinante e carica di mistero, tanto da essere stata scelta più volte da Dio come il luogo sorgivo della fede degli uomini.

Perché mai Dio si è innamorato di questa terra? Perché gli uomini da secoli sono in perenne lotta per possederla? Perché il Figlio di Dio è nato, cresciuto, morto e risorto proprio sopra di essa?

Interrogativi che nascono spontanei per chi visita in pellegrinaggio la Terra di Gesù e, come me, ne rimane profondamente toccato. È difficile descrivere a chi non c’è mai stato le emozioni e le sensazioni che si provano nell’entrare e toccare con mano i luoghi che la tradizione attribuisce alle tappe della storia del popolo ebraico e della vita di Cristo, e sopra di essi celebrare l’Eucaristia e rinnovare la propria fede e le proprie scelte. Così come non è semplice testimoniare le palpabili tensioni politiche e religiose che attraversano le diverse regioni di questa striscia di terra sul Mediterraneo, provocando sofferenze e ingiustizie in palese contraddizione con il messaggio proposto dalla Scrittura che qui si è generata. Una cosa, invece, mi viene spontanea da comunicare: dopo questo viaggio non potrò più leggere il Vangelo allo stesso modo. Camminare per il deserto del Neghev o in riva al lago di Tiberiade, passeggiare per le vie di Gerusalemme, Betlemme, Nazareth e molte altre città e paesi, mi ha donato una tavolozza piena di colori e immagini vive per entrare nella Parola di Dio, così come nessuna opera d’arte e nessun film aveva mai fatto. Chi visita la Terra Santa ritorna a casa carico di una esperienza che lo dota di un patrimonio ricco non solo dal punto di vista geografico e architettonico, ma umano e spirituale, con il quale penetrare la Scrittura assaporandone i colori, gli odori, i suoni, in “concreto” entrare nel Mistero.

Quest’estate sono tanti i gruppi che hanno organizzato pellegrinaggi in Terra Santa, dal Seminario ai giovani del nostro Decanato, passando per la Pastorale Giovanile lombarda e singole parrocchie, ma stando alle parole dei padri francescani, che da secoli hanno in custodia i luoghi santi, non sono mai abbastanza e sono sempre più in calo, ripercuotendosi anche sulla già non semplice vita delle comunità cristiane lì presenti. Visitare la Terra Santa è un’esperienza indimenticabile che va colta subito appena se ne ha l’opportunità, un viaggio che ogni cristiano dovrebbe affrontare per andare alle radici della propria fede e toccare con mano ciò da cui tutto è scaturito.

Dopotutto, se Dio si è innamorato perdutamente di questa terra un motivo ci sarà. Basta scoprilo.