L’origine di una tradizione a noi cara, che risale alla notte del 25 dicembre di 800 anni fa.

Greccio

E l’angelo disse ai pastori: «Troverete un bambino avvolto in fasce, adagiato in una mangiatoia». Così si legge nel Vangelo di Luca che descrive la nascita di Gesù. Una scena semplice, intima, che ogni anno ci piace ricostruire nelle nostre case e nelle nostre chiese attraverso il presepe, segno capace di unire arte, creatività e fede.
Anche papa Francesco nella Lettera apostolica Admirabile signum ha ricordato il significato e il valore del presepe: «Rappresentare l’evento della nascita di Gesù equivale ad annunciare il mistero dell’Incarnazione del Figlio di Dio con semplicità e gioia… Mentre contempliamo la scena del Natale, siamo invitati a metterci spiritualmente in cammino, attratti dall’umanità di Colui che si è fatto uomo per incontrare ogni uomo».

800 anni fa
Ma sapete da dove viene questa bella tradizione di ricreare il momento della natività?
Da molto, molto lontano nel tempo, esattamente 800 anni fa.
L’idea venne a un frate che senz’altro conoscete: Francesco, il poverello d’Assisi, l’autore del Cantico delle Creature, colui che riuscì ad ammansire il lupo che faceva tanta paura agli abitanti di Gubbio.
Il padre era un ricco commerciante di stoffe e aveva altri progetti per il figlio, ma quest’ultimo si era innamorato di Gesù e ne parlava con parole così intense che ben presto molti lo seguirono, condividendo una vita di povertà e preghiera.
Francesco fece molti viaggi per portare ovunque un messaggio di pace, fratellanza e rispetto per la natura, grande dono di Dio. Arrivò anche in Terrasanta per vedere i luoghi in cui Gesù era nato e vissuto e ne rimase molto coinvolto.
Quando fece ritorno dalla Palestina, pensò che sarebbe stato bello ricostruire la scena della nascita di Gesù, cosa che non aveva mai fatto nessuno. Così, nel dicembre 1223, andò a Roma a chiedere il permesso a papa Onorio III, che meno di un mese prima aveva benedetto e approvato la Regola dell’ordine dei frati minori. Il Pontefice acconsentì, ma si doveva trovare il posto
giusto.
Durante le sue peregrinazioni in giro per l’Italia Francesco era stato a Greccio, un borgo a 750 metri di altezza, posto su un bastione roccioso alle pendici del Monte Lacerone.
Esiste ancora, si trova nel Lazio, in provincia di Rieti e io ho deciso di andarci per voi. Qui ho incontrato Giovanni Loche, il frate guardiano, ovvero il superiore della piccola comunità di francescani che risiede presso il Santuario di Greccio, un posto che sin dal 1209 fu molto caro a Francesco. «Era un luogo per lui di passaggio verso Roma – spiega fra Giovanni -, arrivava qui passando tra la nebbia della Valle Spoletana, oggi Valle Santa di Rieti, che comprende i santuari di Fonte Colombo, Santa Maria della Foresta, Poggio Bustone e, appunto, questo di Greccio. La bellezza dei luoghi e  la generosa ospitalità della gente di questi paesi lo avevano conquistato».

La Betlemme francescana
Tra Francesco e il signore di Greccio, il nobile Giovanni Velita, era nata una bella amicizia, tanto che nel 1223 decise di celebrare insieme a lui il Natale. Il futuro Santo, scrive il biografo Tommaso da Celano, «sentì forte il desiderio di rappresentare il Bambino Gesù nato a Betlemme e in qualche modo vedere con gli occhi del corpo i disagi in cui si è trovato per la mancanza
delle cose necessarie a un neonato, come fu adagiato in una greppia e come giaceva sul fieno tra il bue e l’asino».
Francesco chiese dunque al Velita di trovare una grotta e procurargli un bue, un asino e una mangiatoia per ricordare insieme il Natale, la notte del 25 dicembre. «Niente altro che queste tre cose – tiene a precisare fra Giovanni – i due animali e la mangiatoia, in latino praesepium. Da qui spiegata l’origine della parola presepe. Neppure la Sacra Famiglia era presente. Francesco aveva chiesto a un sacerdote di celebrare l’Eucaristia su una mangiatoia, davanti ad altri frati e alla folla di poveri accorsi per questa occasione. E avvenne un miracolo!».
Secondo le agiografie, Francesco fu visto quella notte mentre abbracciava teneramente il Bambino, improvvisamente apparso nella mangiatoia.
«Il futuro Santo è riuscito a far rinascere Gesù nel cuore dei presenti, che lo avevano dimenticato», sottolinea frate Giovanni, aggiungendo: «Per Francesco era fortissimo il legame tra l’Incarnazione e l’Eucaristia. Per questo ogni giorno, durante la celebrazione eucaristica, è Natale».

La cappella del presepe di Greccio
Nei mesi successivi si costituì a Greccio una piccola comunità di seguaci del Santo e, nel luogo della rappresentazione del primo presepe della storia, furono eretti i primi edifici.
Anche Francesco tornò ancora a Greccio tra il 1224 e il 1226 e vi rimase fino a sei mesi prima della sua morte. «Nel periodo successivo alla sua canonizzazione, tra il 1228 e il 1229, – aggiunge fra Giovanni – venne edificata una chiesetta che inglobava la grotta che aveva ospitato la sacra rappresentazione».
La cappella del presepio è ancora oggi il cuore del Santuario. Superati i banchi per raccogliersi in preghiera, si trova l’accesso alla grotta della natività. Qui, sotto la mensa dell’altare c’è la rientranza nella roccia che, secondo la tradizione, ospitò Gesù Bambino che prese miracolosamente vita. Sopra l’altare si trova un affresco a forma di lunetta di scuola giottesca, attribuito ad
un anonimo maestro di Narni del 1409. «La parte destra – spiega frate Giovanni – raffigura la natività di Betlemme con la Vergine che allatta il Bambino alla presenza di san Giuseppe; la parte sinistra illustra invece la natività rievocata da Francesco a Greccio, mostrando il Santo vestito da diacono inginocchiato davanti a Gesù e alle spalle il Velita e il popolo che assiste al miracolo».
Proprio sull’altare dentro la grotta, nel 2019, papa Francesco ha firmato la Lettera apostolica Admirabile signum dedicata al presepe e ha lasciato in dono il Bambinello in legno d’ulivo regalatogli a Betlemme.

Una tradizione che si rinnova
E così avete scoperto dove è nato il primo presepe. Da quel 25 dicembre 1223, nei secoli, si è diffusa in tutta Italia e in tutta Europa l’usanza di ricreare la scena della natività, inizialmente nelle chiese e poi nelle case, a cominciare da quelle dei nobili, con statue di terracotta, cera o legno, dando libertà alla fantasia. Infatti il Vangelo di Luca, che racconta la nascita di Gesù, non
dà tutti i particolari che oggi vediamo nei presepi casalinghi o artistici che siano.
«Anche noi, nel matroneo della chiesa moderna del Santuario, costruita nel 1959 e dedicata all’Immacolata Concezione, ospitiamo una mostra permanente di presepi molto diversi tra loro, a testimonianza di come lo spirito di san Francesco abbia contagiato il cuore e la creatività degli uomini».

Ylenia Spinelli